Ingredienti segreti: tutto ciò che nessuno ti ha mai detto sul ritratto fotografico
Il ritratto è un genere fotografico molto amato, esiste da prima della nascita della fotografia, molti nobili, papi e re infatti commissionavano agli artisti dell’epoca, un loro ritratto (dipinto), con la nascita della fotografia tutto è stato più semplice ed immediato e l’immediatezza che negli anni ha raggiunto la massima capacità tecnica, ha dato il via a numerose possibilità tecniche e realizzative ma in tantissimi ignorano il potenziale che ha questo atto.
Un ritratto si può fare in infiniti modi, in fin dei conti si tratta solamente di fotografare una persona che incontriamo. Pensiamoci bene: chiunque si sia approcciato almeno una volta al ritratto si è limitato a premere un pulsante, magari preoccupandosi che la persona davanti a noi sorridesse, fosse ben pettinata e con uno sfondo gradevole, che la luce fosse sufficiente ad illuminarle il volto correttamente e fine. Mi verrebbe da dire che è corretto, non c’è niente di sbagliato in tutto questo, è come avere in mano dei pomodori e fare semplicemente una pasta al pomodoro, è il piatto in assoluto più semplice ma tutti sappiamo che anche per fare una semplice pasta al pomodoro bisogna impegnarsi per farla bene, ci sono tante variabili che possono farla diventare buonissima o immangiabile. Già farla bene siamo a un livello che non è basico ma ti posso assicurare che con solo dei pomodori ho mangiato un piatto stellato, era un’insalata di pomodori fatta da 7 tipologie di pomodori differenti in varie consistenze. Capisci bene che siamo ad un altro livello. Bene nella fotografia di ritratto è esattamente la stessa cosa, le possibilità di fare una pasta al pomodoro fatta male, farne una buonissima o fare un piatto gourmet stellato sono tutte dentro ad un unico ingrediente, sta a te capire cosa vuoi fare e come sfruttare questo mezzo che è la macchina fotografica e ora ti spiegherò quello che ho imparato e messo in pratica negli anni e che continuo a far evolvere perchè la fotografia è un viaggio senza fine.
Quando ci troviamo di fronte una persona da fotografare dobbiamo capire che la sua estetica è solo la punta dell’iceberg, è solo ciò che appare in superficie ed è visibile all’occhio ma noi come esseri umani abbiamo la possibilità di vedere anche ciò che è sommerso e che ad un primo sguardo non è visibile. Personalmente prima di fotografare qualcuno mi piace parlarci, osservare il suo sguardo, come si muove, il tono della sua voce, se sorride, se si sente a suo agio o in imbarazzo, cerco di capire più cose possibili non tanto del suo carattere ma del suo approccio a quella che molto spesso è una novità: il farsi fotografare da un professionista. Dopodiché mi piace raccontare qualcosa di me in modo da trovarmi anch’io nella stessa sua posizione, è molto imbarazzante quando ci troviamo in una situazione di inferiorità e in questo caso il fotografo è "armato". Far capire alla persona che il suo disagio è normale ed è lo stesso che proviamo noi perchè in fin dei conti noi guardiamo il nostro soggetto ma lui guarda noi e chi in qualche modo deve fare la “performance” siamo noi.
Inizia il viaggio
Ma ora arriva la parte più succulenta, quella che stavi aspettando, inizia il servizio fotografico di ritratto!
All’inizio ci si scalda un po’, come lo sportivo che inizia a correre senza partire subito all’attacco, è fondamentale per far scorrere le energie senza forzarle. Qui entriamo in una consapevolezza profonda, abbiamo a disposizione 2 cose preziosissime: lo spazio e il tempo.
Lo spazio è l’ambiente dove abbiamo deciso di realizzare questo ritratto e il tempo è quello a disposizione, a volte lo scegliamo a volte ci viene imposto. Avere dei confini non è un limite, è necessario per non perdersi. Qui possiamo fare soltanto una cosa: prendere la persona per mano e lanciarsi in quel vuoto emotivo attraversando le situazioni più nascoste, quelle che non riusciamo a dire, quelle che ci fanno vibrare. Lo so cosa ti starai chiedendo: come faccio? Come faccio a portare qualcuno a lasciarsi andare? Devi essere disposto a farlo tu per primo, se vuoi ricevere devi prima dare, devi mettere sul piatto tutta la tua vulnerabilità e dimenticare la professionalità che ti ha fatto impostare la macchina fotografica correttamente, le luci, ecc. Devi essere disposto a metterti letteralmente in gioco e per farlo non puoi conoscere il finale, devi essere disposto a fare questo viaggio insieme all’altra persona con l’incertezza del risultato, di dove vi porterà e di come sarà. Se sarai disposto a fare tutto questo ti posso assicurare che l’altra persona sarà felice di seguirti, che il ritratto che realizzerai sarà intenso, diverso da tutti gli altri e comunicherà qualcosa che altrimenti non ci sarebbe stato, in poche parole avrete riempito questo spazio e questo tempo insieme con qualcosa di importante, avrete dato un senso grazie alla fotografia al vostro incontro.
Conclusioni
Ricordati sempre che il ritratto si fa in due, il fotografo deve semplicemente guidare ma non può restare a terra.
Questo è tutto quello che serve per vivere il ritratto come un viaggio, per provare un’esperienza unica, per differenziarsi dalla maggior parte di fotografi che si limitano a fare una “buona pasta al pomodoro”.
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